Andrea Franchi, Frate Domenicano, vescovo di Pistoia
Andrea Franchi, nato a Pistoia nel 1335 e proveniente da una famiglia di mercanti, indossò, a soli tredici anni, l’abito domenicale nel convento fiorentino di Santa Maria Novella. Anche il fratello minore, Bartolomeo Franchi, seguì la strada religiosa, ottenendo la carica di segretario papale con Gregorio IX e Urbano VI, e facendosi promotore della costruzione del convento di San Benedetto a Pistoia. Andrea divenne sacerdote tra il 1357 e il 1360 e poco dopo ultimò a Roma i suoi studi di filosofia e teologia. Fu sindaco dal 1370 del Convento pistoiese di San Domenico e poco dopo priore, carica che ricoprì anche nei vicini conventi di Lucca (1371) e Orvieto (1373). Si trovava nuovamente a Lucca quando il pontefice Gregorio IX vi mandò la Santa Caterina da Siena, inviata per impedire l’unione alla lega militare organizzata dalla città di Firenze contro il papato. Una volta ritornato nella sua città natale continuò la sua intensa attività di predicatore e ricostituì la Compagnia dei Magi, una confraternita di laici impegnati in svariate opere di carità e di assistenza, per i quali fece istituire anche un nuovo oratorio adiacente alla Chiesa. Mentre nuove ondate di peste e le continue lotte interne tra famiglie rivali rendevano il clima sempre più ostile, Andrea Franchi ottenne nel 1381 la nomina di vescovo della diocesi di Prato e Pistoia, portando avanti la sua attività di assistenza verso poveri ed ammalati, per soccorrere i quali costruì la cosiddetta “farmacia dei ferri”. Negli anni seguenti si fece promotore dell’ampiamento del palazzo vescovile e della costruzione, al suo interno, della cappella dedicata a San Niccolò. Intensa fu anche la sua committenza artistica, svolta soprattutto per il convento di San Domenico a Pistoia, per il quale incaricò il pittore Giovanni di Bartolomeo Cristiani di realizzare una serie di affreschi incentrati sulla raffigurazione dell’itinerario di penitenza e confessione e la Via Paradisi. Essi decoravano in origine la parete nord della navata, ma furono successivamente staccati e collocati nella grande sala dell’ex refettorio. Al Cristiani fece realizzare anche un’Adorazione dei Magi, documentata sulla lunetta del portale fino al 1800, ma di cui oggi non rimane traccia. Il Franchi ebbe un ruolo importante nel dirigere i lavori di ampliamento del convento pistoiese, con l’edificazione della crociera con le cappelle laterali e una nuova facciata, sulla quale si intravedono gli stemmi di famiglia; si occupò inoltre della costruzione delle vetrate della chiesa e di alcune stanze interne del convento. Durante il suo episcopato il Franchi appoggiò il movimento dei penitenziali bianchi, nato inizialmente nel territorio ligure e piemontese e poi diffuso in altre città italiane come risposta allo scisma d’occidente che divideva la cristianità. I fedeli, scalzi e vestiti di bianco, prendevano parte ad una processione della durata di nove giorni, nel corso della quale seguivano il crocifisso intonando le parole “misericordia e pace”. La processione attraversò Pistoia il 17 agosto e in tale occasione, come riporta Luca Dominici nella sua Cronaca, il vescovo Franchi tenne la messa in duomo e liberò tutti i carcerati. Fu emanato un atto per far riappacificare le famiglie rivali e il 26 agosto venne portato in duomo il crocifisso della processione, poi deposto nella chiesa di Santa Maria a Ripalta. Nel 1400, ormai anziano e malato, rinunciò al vescovato in favore del nipote Matteo Diamanti, e si ritirò all’interno del convento di San Domenico, dove morì il 25 maggio del 1401. Il 21 novembre del 1921 papa Benedetto XV decretò la sua beatificazione e riconosceva il suo culto locale. Il suo sepolcro si trova nel convento di San Domenico, in origine collocato nella zona elevata della navata, e poi spostato nel lato sud.
ALTARE BEATO ANDREA FRANCHI
La richiesta dell’altare, voluto dalla famiglia Franchi nel 1608, costrinse a spostare il monumento del vescovo Andrea, precedentemente qui collocato.
Attualmente privo di mensa e gradini, l’altare è addossato alla parete. Presenta uno zoccolo con al centro un’epigrafe, oggi perduta, ed ai lati lo stemma della famiglia Franchi. Lo stemma presenta, al centro, l’arme dei Franchi, sormontata da un elmo piumato e, nella parte bassa, una testa ghignante di satiro.
Al centro vi è un’ampia cornice destinata ad ospitare la pala d’altare, in questo caso una tela proveniente dal quarto altare di sinistra, nella quale si osserva la Vergine Assunta. L’opera, eseguita dal fiorentino Matteo Rosselli, è datata al 1611. La dicitura “MATTEO ROXSELLI F. 1611”, presente in un libro collocato nella parte bassa della tela, ci permette di datare ed attribuire l’opera con certezza. Ai lai della cornice osserviamo due colonne a fusto liscio con capitello composito ed una testina alata nella parte alta. La composizione è sormontata da un timpano ed un frontone interrotti. Sopra il frontone vi è un piccolo pilastro che sorregge un disco raggiato.
Beato Lorenzo da Ripafratta
Nato il 23 marzo 1373 a Ripafratta, località al confine fra le Repubbliche di Pisa e di Lucca, entrò ancora giovane nell’ordine domenicano di Pisa. Poche sono le informazioni riguardo ai suoi primi anni di vita, documentato è il noviziato che svolse tra il 1401 e il 1403 presso il convento dell’ordine dei predicatori di Cortona e il successivo soggiorno a Firenze per conseguire, con buona probabilità, il grado di lettore nello studio di Santa Maria Novella. Fece ritorno nel 1411 nelle Marche, presso il convento di S. Lucia di Fabriano, dove fu investito della carica di priore e, come documentano alcune carte del 1417, fu impegnato nell’acquisto di codici per arricchire la biblioteca del convento. Dal 1418 si recò nuovamente a Firenze, dove ebbe occasione di conoscere il futuro arcivescovo Antonino Pierozzi, e non si hanno notizie documentate fino al 1423, anno in cui si trova a Pistoia. In tale circostanza tenne una serie di prediche in occasione delle feste dei Santi Atto e Iacopo, patroni della città, e fu accolto presso il convento di San Domenico in qualità di sindaco, carica che ottenne nel 1424. A Pistoia trascorse la maggior parte della sua vita e ottenne grande prestigio e ammirazione dalle famiglie cittadine, anche per il fondamentale ruolo di mediatore che ebbe tra quest’ultime e l’arcivescovo fiorentino Pierozzi, chiamato ad intervenire in alcune controversie locali. In occasione di alcune feste, come quella di S. Eulalia o di Maria madre di S. Iacopo, tenne una serie di prediche dai pulpiti delle chiese pistoiesi. Dal 1444 iniziò ad ottenere sussidi dall’opera di S. Iacopo, dai quali si può ipotizzare il sopraggiungere di una malattia, e si protrassero fino alla sua morte. Lorenzo morì il 27 settembre del 1456, come riportato nell’obituario del convento di San Domenico. Alla sua morte il comune tenne a proprie spese una lunga cerimonia e fece costruire un solenne monumento funebre in marmo nel convento pistoiese, ancora oggi visibile in loco, la cui realizzazione è stata attribuita alla bottega dei fratelli Rossellino. Lorenzo da Ripafratta venne celebrato come un devoto sacerdote dell’ordine dei Predicatori per aver osservato fedelmente la disciplina religiosa e il suo culto fu confermato da papa Gregorio XVI nell’aprile del 1846.
SEPOLCRO BEATO LORENZO DA RIPAFRATTA
Addossato alla parete fra il Terzo ed il Quarto Altare sulla destra.
Inserito nella parete fino a terra, il sepolcro in marmo bianco fu eseguito da Bernardo Rossellino da Settignano ed aiuti nel 1458, su richiesta del popolo del Comune di Pistoia. L’arca marmorea rettangolare è decorata da due putti che sorreggono un’iscrizione. L’intera composizione si inserisce in una sobria cornice rettangolare. La statua raffigurante il Beato, abbigliato secondo l’uso domenicano, è collocata sul coperchio del sarcofago e poggia la testa sopra un cuscino.
Il sepolcro fu spostato in occasione della costruzione del grande arcone per l’organo. Attualmente si trova a metà della chiesa, in corrispondenza del pergamo antico di cui oggi non abbiamo più traccia.
Sopra il sepolcro vi sono tracce di affresco. Possiamo osservare una Santa a grandezza naturale, delle decorazioni floreali, dei frammenti di vesti di santi ed altri simulanti stoffa. La Santa è solitamente attribuita all’operato di Niccolò di Tommaso, artista attivo in città e probabilmente all’interno di San Domenico, fra il 1340 ed il 1370 circa. Le decorazioni floreali sono forse state eseguite precedentemente, nel corso del XIII secolo.